INLINE HOCKEY CLUB
CAPOLAGO FLYERS

“Vi racconto un altro hockey”

Luca Luisoni, ex Capolago Flyers e campione svizzero, ci racconta il mondo dell'inline

Realizzato e pubblicato il 14.03.2017 su sportmomo.ch

 

Ci troviamo qui oggi con Luca Luisoni, classe 1967, ex campione svizzero nel ruolo di portiere con i Capolago Flyers, squadra che attualmente milita nella Prima Lega svizzera di Inline. Uno sport che oggi tenteremo di farvi conoscere un po’ meglio.

In Svizzera tra gli sport più praticati troviamo, chiaramente, l’hockey su ghiaccio. Tu hai invece optato per una sua variante. Perché?

“Inizialmente ho praticato entrambi gli sport. Tuttavia, con il proseguo dei miei studi ho dovuto compiere una scelta, ed ho optato per l’ Inline, vista la presenza di una squadra importante proprio nel mio comune.”

Parlaci dell’Inline…

“Beh, l’ Inline potrebbe essere definito come il fratellino dell’hockey su ghiaccio. La più grande differenza, chiaramente, è l’utilizzo dei pattini in linea, i “rollerblade” per intenderci. La pista risulta più piccola – 40x20m – e i giocatori di movimento sono quattro invece che cinque. Tra le regole che differiscono fra i due sport vi è la liberazione vietata, che non esiste nell’Inline. Detto ciò, i due sport sono certamente molto simili e ugualmente appassionanti.”

Luca Luisoni, in prima fila al centro, con la maglia dei Capolago Flyers

La tua carriera ha raggiunto l’apice con la vittoria del titolo svizzero nella stagione 1986/1987. Parlaci di quel momento…

“Sicuramente un’emozione unica, vista la mia giovanissima età. A rendere il tutto indimenticabile ci si mise anche il calendario, il quale ci concesse di celebrare la vittoria proprio nella nostra pista. Una cornice fantastica: ricordo ancora oggi, a distanza di anni, il fermento del paese nei giorni precedenti alla partita, il tifo sfrenato nel corso del match e la gioia collettiva al fischio finale. Certamente uno dei ricordi più belli del mio trascorso sportivo.”

Dopo la carriera come giocatore hai deciso di lanciarti in quella da allenatore, ottenendo ottimi risultati…

“Beh (ride), certamente non sono mancate le soddisfazioni. Mi proposero di allenare la squadra degli Juniori, con i quali trascorsi quattro anni estremamente positivi. Dopo un primo anno privo di trofei, nei successivi tre riuscimmo a vincere tutto il possibile. Merito certamente dei ragazzi e del fantastico gruppo creatosi, del quale facevano parte giocatori di indubbio talento quali Raffaele Sannitz, che da diversi anni milita nell’Hockey Club Lugano. Inoltre porto un bellissimo ricordo della mia esperienza sulla panchina della prima squadra (promozione in serie B) e con i giovani Juniori della selezione cantonale.”

Quanto pensi abbia influito il tuo passato da giocatore nella tua carriera da allenatore?

“Tantissimo. Ho avuto la fortuna di essere allenato da persone molto valide, dalle quali ho appreso molto. Ricordo in particolare due allenatori, Moreno Campana e Giovanni Veri, i quali hanno dato tantissimo sia alla società che a me personalmente, insegnandomi tanto di quello che ho poi portato in panchina.”

Il ruolo di portiere, in ogni sport, è certamente unico e differente rispetto agli altri. Da dove nasce la tua passione per esso?

“Ritengo, anche dopo aver allenato diversi estremi difensori, che un portiere debba avere un carattere particolare, eccessivo in termini opposti, di pazzia o di riservatezza. Non esistono vie di mezzo. E’ un ruolo che molto spesso viene sfruttato dai suoi interpreti per sfogarsi, come nel mio caso. La responsabilità che lo caratterizza, specialmente nell’hockey e nell’Inline, fa sì che solo certe persone ambiscano a diventarlo, e penso che la mia scelta sia stata dettata proprio dal carattere particolare che mi contraddistingue.”

Spesso, dietro un numero di maglia si nasconde un aneddoto interessante. Il tuo era il 34, perché?

“Il mio 34 è legato a due grandi portieri dell’hockey su ghiaccio: Brian Daccord, che ha militato nell’Hockey Club Ambrì Piotta con il numero 44, e Renato Tosio, ex portiere del Berna e della Nazionale con il numero 31. Prendendo una cifra a testa dai numeri dei due portieri ho scelto il 34.

L’Inline gode di una certa fama soprattutto negli Stati Uniti, i quali non a caso vantano il maggior numero di vittorie ai campionati mondiali. Seguono a ruota Canada, Svezia, Repubblica Ceca e Finlandia. Come spieghi la popolarità raggiunta in questi Stati?

“Piuttosto, sentendo questi nomi, non riesco a spiegarmi la scarsa popolarità dell’Inline a livello svizzero. La fama nelle Nazioni citate penso sia un riflesso della grande popolarità di cui gode l’hockey su ghiaccio. Ricordo che già ai tempi, quando si compivano trasferte in questi paesi, o anche nella vicina Germania, si entrava in un mondo e in un modo di intendere questo sport completamene diverso. Le strutture, l’organizzazione e il seguito non erano e non sono assolutamente paragonabili ai livelli svizzeri, nonostante la passione comune per l’hockey su ghiaccio. Penso che la Federazione elvetica debba prendere una posizione chiara e decidere che tipo di sviluppo si vuole dare a una disciplina che, certamente, rappresenta una valida e altrettanto entusiasmante alternativa all’hockey su ghiaccio.”

Parliamo di Nazionale. La Svizzera vanta 7 medaglie ai campionati mondiali, di cui una d’oro nell’edizione nel 1999, disputatasi proprio in territorio elvetico. Qual è stata la tua esperienza con la maglia rossocrociata?

“Il mio rapporto con la Nazionale è stato segnato dalla presenza, nel mio periodo di attività, di due portieri molto forti, uno del Bienne e uno del Lugano, che mi hanno quasi sempre chiuso le porte del sogno rossocrociato. Tuttavia, delle mie poche esperienze con la Selezione, porto certamente un bel ricordo.”

Luca Luisoni nel corso di un allenamento con Tony Guadagnini

Dopo un periodo di pausa, quest’anno hai deciso di riprendere a collaborare con i Capolago Flyers, nelle vesti di allenatore dei portieri. Una scelta dettata più dall’affetto nei confronti della tua ex squadra, o da un progetto particolarmente convincente?

“Direi da entrambe le cose. L’affetto per i Flyers è certamente rimasto immutato. Inoltre, la possibilità di trasmettere la mia esperienza a due giovani portieri talentuosi quali Gianluca De Stefani e Tony Guadagnini, ha rappresentato un importante stimolo. Credo ci siano le basi per fare un buon lavoro, e per questo motivo ho accettato la proposta dell’attuale allenatore della prima squadra, nonché mio ex compagno Walter Hürschler. Da quest’anno i Flyers sono tornati in prima divisione, un campionato importante che darà molto lavoro ai nostri estremi difensori. Spero pertanto che i miei consigli possano aiutarli a crescere e a far conseguire, a loro e alla squadra, dei buoni risultati.”

Come vedi il futuro di questo sport nei prossimi anni?

“Purtroppo, nel corso degli anni, invece che un’evoluzione si è manifestato un preoccupante regresso, che non fa ben sperare per il futuro. Mancano gli stimoli e le persone giuste pronte ad investire in uno sport che, a mio parere, resta tra i più belli da giocare e vedere. Incrocio le dita e spero che i fatti mi smentiscano.”